venerdì 31 maggio 2013

Vigilanti, supereroi e wannabe



Quante volte, di fronte ad un'ingiustizia più o meno palese, vi siete sentiti come soffocare dalla rabbia?
Vi è mai successo di sentirvi parte di un sistema che non tutela i diritti dei più (onesti) ma che difende, o peggio permette, ai disonesti di scorazzare liberi e indisturbati?
Vi è mai capitato di immaginarvi irrompere nel mezzo di una rapina, un tentativo di violenza, un furto e sgominarlo per poi scomparire senza chiedere una ricompensa ma essendo appagati esclusivamente dalla consapevolezza di aver reso, anche se per poco, il mondo un luogo migliore?

Se la risposta è si a tutte le succitate domande, allora dovreste seriamente prendere in considerazione l'idea di diventare un vigilante mascherato, un eroe (super?) al servizio del bene comune.


Physique du Role
Però, perché c'è sempre un però, tenete conto che le ossa si rompono, i proiettili uccidono, correre stanca e avere un discreto equipaggiamento comporta un discreto investimento di denaro.
Quindi prima di prendere in considerazione l'idea, sarebbe necessario documentarsi bene per capire quelli che sono i pro e soprattutto i contro di un'attività del tipo "difendere gli innocenti a scanso del pericolo". 


Per farsi un'idea, come per ogni cosa, è bene documentarsi.
Ci sono diversi film che a mio avviso trattano l'argomento in modo intelligente e per niente scontato.
Ecco un breve escursus di alcune pellicole particolarmente interessanti e soprattutto utili a farsi un'idea di come sarebbe la vita da vigilante.

Boy Wonder - film americano del 2010, tratta del tema nell'ottica del senso di vendetta. Sean ha visto la propria madre venire assassinata durante un tentativo di rapina. Cresce covando un senso di odio verso tutta quella che è la delinquenza e una profonda sfiducia nella giustizia. Studia, si allena duramente e cerca i cattivi per ucciderli. La sua strada incrocerà a doppio filo quella di Teresa, detective della squadra omicidi. Sean è spietato, metodico, sociopatico. Ma ha un piano. Come vigilante è del tipo Punisher.

Super - film del 2010 ad opera di James Gunn (tra l'altro sceneggiatore di Dawn of the dead e regista di Slither) con protagonisti Rainn Wilson ed Ellen Paige. Frank è un tipo mediocre, in sovrappeso e con un lavoro senza sbocchi che ha sposato una donna stupenda. Nel momento in cui le viene portata via da un delinquentello locale, in Frank scatta qualcosa. Si inventa un costume e comincia ad occuparsi della giustizia di quartiere. Scoprirà molto presto che la vita del vigilante è molto diversa da quella dei fumetti. Ecco, Frank è uno psicopatico, una persona disturbata mentalmente, non è in grado di distinguere i crimini dalle banali prepotenze. E' soggetto ad allucinazioni splatter/religiose. Segnalo questa recensione a riguardo davvero esauriente.

Hard Candy - film Indie del 2005, interpretato da Ellen Page e Patrick Wilson. Il film è quasi teatrale, dato che si svolge prevalentemente in una/due stanze e affronta il tema della pedopornografia. Oltre a stravolgere, diciamo, la fiaba di Cappuccetto Rosso. Film potente e recitato davvero bene. Perché un buon vigilante deve avere cervello prima che muscoli.

Special - film del 2006 con protagonista Michael Rapaport che interpreta Lens, un giovane che, dopo aver assunto un farmaco antidepressivo sperimentale, comincia a sviluppare tutta una serie di poteri come la levitazione e telepatia. O forse ne è solo convinto. Userà le sue capacità per fare del bene. O forse ne è solo convinto.

Il tema ovviamente è stato anche approfondito da altri media.
In particolare i videogames hanno gestito in modo più o meno superficiale la tematica.
Il top, per quello che mi riguarda, è Hotline Miami. Ne avevo più o meno parlato qui.
Altri videogames degni di nota sono The Punisher, non fosse altro per le fatality estreme da infliggere ai cattivoni e la serie a scorrimento Final Fight della Capcom.
In realtà, eccezione fatta per Hotline Miami, poche volte i videogames hanno affrontato la tematica in modo originale, dato che a un giocatore principalmente piace picchiare i cattivi senza troppe menate.

Veniamo anche alla vita reale, o meglio, quello che non riguarda le opere di finzione che sono comunque reali, no?
Phoenix Jones e il suo costume strafigo
Negli USA, ad esempio esistono differenti gruppi come il Real Life Superhero Project, dal taglio abbastanza ludico rispetto ad altri che prendono la cosa più seriamente come i Rain City Superhero Movement di Seattle ed in particolare Phoenix Jones (AKA Ben Fodor) artista marziale di MMA dedito alla lotta al crimine con diverse denunce sul groppone e una predilizione per l'uso del MACE, spray al peperoncino.
Entomo e il suo costume...

E' di qualche giorno fa la notizia che in Messico diverse persone armate e mascherate si sono organizzate per difendere i propri averi dai narcotrafficanti e dai cartelli in generale. Si tratto  però di un fenomeno un po' diverso, dato che è si parla di un gruppo di persone esauste e dimenticate che ha scelto la via della giustizia fai da te.

E l'Italia? Per l'Italia sembra esserci solo tale Entomo ovvero l'uomo insetto, che pattuglia le strade di Napoli e che è balzato alle attenzioni dei media qualche anno fa.

Per approfondire l'argomento consiglio la lettura di HEROES IN THE NIGHT, blog che si occupa in modo dettagliato del fenomeno RLSH. 
Solo per anglofoni ma ne vale la pena.
E nel caso in cui abbiate deciso di tentare la carriera dei supereroi è doveroso visitare il world superhero registry dove registrare il proprio nome da giustiziere, area di attività, costume etc.


mercoledì 22 maggio 2013

Crossed, Crossed Family Values e Crossed Psycopath



Da qualche tempo leggo fumetti solo in formato digitale.
E da quando ho comprato un tablet android li leggo ancora più volentieri.
Ed è di fumetti, appunto, che si parla, dato che il tempo scandinavo non mi permette di fare altro se non starmene inchiodato sul divano a leggere.
In pratica spendo la domenica più assurda (da un punto di vista climatico) degli ultimi tempi a leggermi Crossed e due spin off per un totale di 24 albi.
Procediamo con ordine.

File:Crossed.jpgCrossed è una serie di 12 numeri a fumetti alla firma di Garth Ennis.
Piccolo preambolo biografico: Ennis è uno dei più grandi sceneggiatori di fumetti viventi.
Ha firmato opere crude e dissacranti quali Preachers e Chronicles of Wormwood, una serie di cacciatori di supereroi chiamata The Boys, una roba malsana e sghignazzosa che si chiama The Pro (una prostituta che acquisisce poteri tipo Supergirl ed entra a far parte di una specie di Justice League)
Il suo stile è blasfemo, ironico ed estremamente orientato all'estetica della violenza.
Lo adoro soprattutto per questo.

Mi sono avvicinato a Crossed pensando di avere a che fare con una roba simile, cioè tanta violenza e tanto humor nero. Invece mi trovo di fronte ad un qualcosa che non ha la minima ironia.
La trama, in estrema sintesi, è: un morbo di origine sconosciuta si scatena sulla terra. Gli infetti manifestano delle escoriazioni sul volto a forma di croce (da qui il termine). Non solo, gli infetti diventano delle creature dedite alla violenza più estrema, esseri di pura malvagità che trovano nel dolore inflitto ed autoinflitto l'unica ragione di vita. Il divertimento, la ricerca del piacere per queste creature, deve coincidere col dolore e con la sofferenza.
Demoni in tutto e per tutto.
Crossed è un fumetto di ambientazione post-apocalittica, dove un gruppo di sopravvissuti cerca di sfuggire alle orde di infetti e di, appunto, sopravvivere.
Ok, ce ne sono tipo duemila di fumetti così.
Però nulla di quello che mi è mai capitato raggiunge tali livelli di violenza e di perversione.
Se proprio dovessi fare un paragone, la cosa che più si avvicina agli infetti di Crossed sono gli zombie extradimensionali ideati da Brian Keene in The Rising.
Però rimane la componente grafica davvero estrema.

In Crossed, in oltre, non c'è la minima empatia coi sopravvissuti.
Sono umani che cercano disperatamente di arrivare al giorno dopo, schiavi di un istinto di sopravvivenza così pompato dalla situazione tremenda in cui sono stati inseriti da spingerli, di fatto, ad agire in modo codardo ed egoista. Terribilmente egoista.
Che dire, il sangue scorre a fiumi, scene davvero disturbanti e una storia che fila dritta come un trattore.
Da non perdere.

Poi il brand ha reso bene e alla firma di David Lapham (che conoscevo per Harbinger ma scopro che ha fatto un fantastigliardo di roba) trovo due spin-off: Family Values e Psycopath.
Del primo spin-off non riesco a parlare benissimo, perché l'ambientazione è uguale a quella di Ennis (ovviamente) però manca quella trama coinvolgente che caratterizzava i primi numeri. Spesso ci si trova a guardare scene di estrema violenza solo e soltanto fine a se stessa. Plot in quattro righe: seguiamo le gesta di Addy, figlia maggiore di una numerosa famiglia di rednecks iperreligiosi con seri problemi di incesto alle prese con l'infezione.




Psycopath, invece, merita. E molto.
Siamo sempre nello stesso posto, con gli stessi problemi.
Il mondo è in rovina a causa di folle di degenerati infetti.
E seguiamo un gruppo di sopravvissuti.
Che cercano di sopravvivere.
E nel farlo salvano la vita ad un altro sopravvissuto che promette loro di condurli verso un luogo sicuro, presidio militare, dove si sta sviluppando la cura per il morbo. In realtà però costui è appunto lo psicopatico del titolo, un assassino seriale con diverse turbe a sfondo sessuale. E con un preciso piano in mente.
Di Psycopath mi è davvero piaciuta sia la caratterizzazione dei Crossed.che quella di Harold Lorred, il protagonista della serie.
I Crossed di Psycopath caso organizzati in orde simili ai berserker dei miti norreni. Con dei rituali e delle scelte estetiche piuttosto azzeccate

Oltretutto in questa serie le trovate di violenza fine a se stessa sono più contenute.

Nel complesso Crossed non è un prodotto per tutti, anzi, bisogna avere uno stomaco forte ed un'apertura mentale non accecata da una morale incline allo scandalizzarsi. Però è un prodotto meritevole di essere letto e criticato.
Come spesso accade mi viene da chiedermi se in Italia un prodotto di questo tipo avrebbe mai trovato un editore.

lunedì 13 maggio 2013

Gerald Brom, Wayne Barlowe e le fonti di ispirazione

Da qualche settimana sto lavorando ad un racconto ambientato in un setting tipo "mondo morente".
Sono ancora nelle fasi di design dei personaggi, però ho la trama ben delineata in mente e spero di riuscire a tirarci fuori qualcosa di decente.
Spero.
Ho la ferma convinzione che le idee, l'ispirazione, seguano una forza precisa, la forza preponderante nell'universo, cioè la forza gravitazionale.
Quello che voglio dire è che se si riescono ad accumulare un determinato tipo di sensazioni allora le idee cominceranno a fioccare perché attratte da un nucleo di idee consolidate che formano una specie di pozzo gravitazionale dell'ispirazione.

Certo, è una mia opinione e può benissimo essere considerata una minchiata.
Però con me funziona e per ora continuo a seguirla.
E dato che il setting è appunto legato ad una tematica di mondo morente (in realtà è una sorta di fantasy post-apocalittico), ho passato un bel po' di tempo a spulciare le tavole di due artisti che sono stati di grande ispirazione perché legati agli aspetti più cupi del fantasy.

Il primo è Gerald Brom, conosciuto semplicemente come Brom (che già è un nome fantasy abbastanza cazzuto, un certo Paolini ne sa qualcosa).
Illustratore americano che ha lavorato per la TSR (Dark Sun in particolare), WotC, Blizzard, Dark Horse. Specializzato nel rappresentare figure legate al fantasy in chiave dark.
Segue una breve gallleria del materiale che ho visionato e che mi ha colpito.

 


Il secondo autore è per me una sorta di mito. L'ho scoperto diversi anni or sono e l'ho sempre venerato per l'uso incredibile dell'aerografo e le caratterizzazioni del pantheon infernale ispirate dal Liber Juratus di Onorio di Tebe. Parlo di Wayne Barlowe,  artista inglese che ha collaborato alla realizzazione di prodotti quali Avatar di Cameron, Titan A.E. Hellboy ed Hellboy the Golden Army e altra roba mainstream.

Oltre ad aver ideato un bestiario alieno poi serializzato da Discovery Channel.
Ok, fine del panegirico sul geniaccio.
Ecco un estratto della sua gallery.
 


Chiudo con la versione Barloweniana della Mona Lisa:

lunedì 6 maggio 2013

Torrent, Streaming e il diritto di recesso




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Tra le cose fatte nel week end, annovero la visione di TPB - AFK, documentario visionato rigorosamente in streaming il cui acronimo sta per The Pirate Bay - Away From Keyboard.

Il film parla delle vicissitudini dei tre fondatori di uno dei più grandi portali di ricerca per la condivisione di files sul protocollo P2P e magnet-link.
In particolare il film, che in quanto documentario cerca di avere un taglio "positivista", lascia trapelare una forte simpatia nei confronti dei tre fondatori (broket, TiAMO, anakata) e una grande antipatia nei confronti del sistema di giustizia svedese che di fatto è al servizio del giustizialismo delle lobby americane.

Away From Keyboard è il termine scelto per la risposta ad una domanda del pubblico ministero sulle relazioni "nel mondo reale". Il PM chiede ai ragazzi fondatori del portale se hanno mai incontrato tale persona nel mondo reale e broket risponde "l'abbiamo incontrato away from keyboard perché per noi internet è reale".

A parte le varie riflessioni sul film che risulta comunque godibile e consigliato, volevo fare alcune considerazioni sulla moderna fruizione delle opere d'arte.

Preambolo del secchione: ai tempi dell'università studiai un saggio di Walter Benjamin intitolato L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica. Il saggio, celebre tra gli addetti, si proponeva di analizzare gli impatti del pubblico nei confronti dell'arte e degli artisti in un'epoca che permetteva la frammentazione del prodotto unico.

Parafrasando, ad oggi e da qualche anno si potrebbe parlare dell'opera d'arte nell'epoca della sua fruibilità gratuita.

Streaming, torrent, P2P eccetera sono tutti strumenti che la tecnica moderna mette a disposizione per accedere ad opere d'arte più o meno mainstream (il termine pop è ormai totalmente privo di senso che andrebbe abolito).

Parlo della possibilità di accedere a media di qualsiasi tipo: musica, libri, videogames, comics, film, software attraverso una moltitudine di portali e strumenti di condivisione senza pagare nulla se non un abbonamento flat.
A tal proposito, basterebbe mettere un limite per bloccare il fenomeno. Ma il discorso sarebbe simile al limitatore di velocità sulle automobili.

Lo scontro che si genera è complesso, perché da una parte ci sono i produttori e i creatori che correttamente vogliono vedersi riconoscere un compenso per la loro opera ed il loro lavoro.
Quindi si cerca di personalizzare l'opera in modo da renderne l'acquisto preferibile (contenuti speciali, cofanetto personalizzato, accesso a contenuti esclusivi, ecc). Oltre ad altri espedienti sui quali tornerò più avanti.
Dall'altra parte invece si assiste al fenomeno del fruitore di contenuti.
Che è una tipologia piuttosto complessa e che si potrebbe frammentare in categorie differenti:

downloader compulsivo - scarica tutto quello che può, fruendo una minima percentuale di quello che scarica. Avete mai visto la trasmissione Sepolti in Casa? ecco, costui è l'equivalente in termini di software. Accumula terabyte di roba che probabilmente non godrà mai.
downloader selettivo - tende a selezionare solo una tipologia di prodotto (film, videogiochi, programmi) alla quale di solito accede dopo una attenta ricerca su siti specializzati e di solito fruisce di tutto il materiale che scarica. I prodotti migliori hanno l'onore di passare dall'hard disk alla parete, il resto viene probabilmente cestinato. 
downloader speculativo - il vero criminale, cioè colui che scarica allo scopo di rivendere il materiale scaricato illegalmente. Due righe è il massimo che posso dedicare a questa bieca tipologia.
downloader valutativo - è la categoria pubblicamnte più diffusa anche se, a conti fatti,  è probabilmente è quella meno diffusa. Si tratta infatti del downloader che scarica allo scopo di valutare il prodotto e, nel caso sia meritevole, lo compra allo scopo di sostenere l'industria e l'artista. Questa categoria merita qualche considerazione in più per un motivo molto semplice: per i prodotti artistici non esiste il diritto di recesso.

Ecco, vado al cinema, vedo un film e mi fa schifo. Se esco prima della fine del termine della proiezine nessuno mi rimborserà i soldi del biglietto. Se compro un libro e risulta essere una presa per i fondelli, nessuno mi rimborserà i soldi.Stesso dicasi per un cd. Eppure se acquisto una lavatrice o una console e non funziona, posso restituirla e richiedere un buono per comprare altri prodotti.
Allora perché non fare lo stesso per servizi mal funzionanti?
Perché la bontà di un prodotto simile è al 70% soggettiva probabilmente (altro discorso per i software non ludici, in parte) e quindi non è dimostrabile l'insoddisfazione. In pratica sarebbe pieno di furbi che scaricano, godono ma non pagano.

L'industria dell'intrattenimento spesso si concentra e si ingegna su metodi più o meno leciti per dissuadere dall'utilizzo di prodotti cosiddetti pirata. Quindi si passa dal metodo coercitivo all'anteprima (fare ascoltare/visionare un estratto che è poi la versione evoluta dei trailer cinematografici) per passare alla leva della morale, la classica "se facessero tutti così l'industria morirebbe". Ed è vero, ma è anche vero che se pagassimo tutti le tasse le pagheremmo tutti meno, se tutti rispettassimo l'ambiente non ci sarebbe inquinamento, se fossimo tutti meno egoisti la fame nel mondo non esisterebbe, se tutti fossero della stessa religione non ci sarebbero le guerre (ehm???).
Il punto è che siamo circa 7 miliardi di individui e non è statisticamente possibile che tutti facciano la stessa cosa. In pratica si tratta di argomentazioni retoriche che trovano, come tutte le argomentazioni retoriche, terreno fertile.
 Sia chiaro, non voglio giustificare chi scarica materiale illegalmente dalla rete piuttosto che chi della creazione e distribuzione di tale materiale ne fa il proprio business. I produttori e i distributori hanno la mia completa comprensione come chi vuole accedere ad una serie di prodotti senza avere sufficienti mezzi (economici) per poter appagare le proprie passioni.
È una tematica complessa senza ovviamente una risposta giusta.
Personalmente mi sento di consigliare di pagare almeno quelle opere cosiddette indie o autoprodotte dato che i guadagni sono davvero miseri e contemporaneamente evitare il mainstream dal momento che appiattisce i gusti verso una forma di divertimento industriale. Però è comunque una personalissima opinione, mentre sono qui a cercare di capire se comprerò o meno TPB - AFK