venerdì 29 marzo 2013

BLACK MIRROR STAGIONE 2


Qualche tempo fa si parlava della prima serie di Black Mirror, serie britannica incentrata sulla pervasività e gli abusi della tecnologia.
Il post è leggibile qua.
Bene, ho visto anche la seconda serie e non posso che confermare l'eccellenza del prodotto sia in termini di contenuto che, come dire, di forma.
Anche in questo caso si tratta di tre episodi di durata inferiore ai 50 minuti ma che ti si stampano in testa.
Per un motivo molto semplice, sono delle metafore ma sono verosimili.

Nella prima parte del post parlerò in modo estremamente generico dei tre episodi, mentre nella seconda parte cercherò di approfondire le tematiche, quindi il rischio spoiler si innalza pericolosamente.

Cominciamo.

Be Right Back
La nostra vita è spesso raccontata sfruttando i social media. Twitter, Facebook, Blog, commenti ad articoli e video. La rete contiene un immenso numero di informazioni su ognuno di noi. E la cosa interessante è che siamo proprio noi a fornire tali informazioni. Cosa succederebbe quindi se qualcuno fosse in grado di mettere insieme tutte queste informazioni? A che scopo?

White Bear
Michael Smiley che non sorride
Una donna si risveglia in una città in apparenza deserta. Si accorge ben presto di essere oggetto delle attenzioni di due particolari tipi di persone. Il primo tipo è composto da psicopatici armati e mascherati. L'altro ben più inquietante tipo si limita a riprendere ossessivamente ma con angosciante indifferenza l'inseguimento. La verità è ancora più terribile.All'episodio partecipa Michael Smiley, che ho visto in Outpost e apprezzato soprattutto nel pulp metafisico Kill List

The Waldo Moment
Il principale candidato del partito conservatore inglese cade vittima di uno scandalo e nuove elezioni sono alle porte. Waldo è un popolare personaggio animato protagonista di uno show satirico che mette allla berlina politici e celebrità. La popolarità del personaggio è così alta che ai produttori della serie viene in mente l'idea di farlo concorrere alle elezioni imminenti.

Tre episodi che sono tre sassate nello stomaco. Per una curiosa coincidenza il mio episodio preferito è sempre il secondo, ma nulla da togliere ai rimanenti.

Comunque, come accennavo prima vorrei approfondire alcuni dettagli dei tre episodi, quindi sconsiglio vivamente a chi non avesse visto la serie di proseguire.


Ok?
Seriamente, è un questa serie è un gioiello e andrebbe vista prima di continuare.
OK?
Va bene, allora andiamo

Be Right Back
Trovo che l'idea di un software in grado di raccogliere tutte le informazioni seminate per la rete allo scopo di ricreare le personalità dei defunti sia a dir poco geniale. Penso ai profili su Facebook di gente morta. E il profilo che in qualche modo sopravvive all'utente. Una specie di fantasma nella rete. È del buon materiale e in questo episodio è stato sfruttato a dovere.
Un po' meno riuscita, per me, la seconda parte dell'episodio.
Ecco, come dire, il robot con le fattezza del defunto mi sembra un po' incoerente con la prima parte dove la tecnologia di clonazione della personalità è decisamente più verosimile che non la creazione in toto di un replicante sintetico. Insomma indebolisce molto la trama.
Ma ripeto, è una mia opinione.

White Bear
Come dicevo è il mio episodio preferito.
L'idea di condannare una donna (che si è macchiata di un reato terribile) a diventare l'attrazione di un parco divertimenti penitenziario è diabolica e angosciante. Victoria, rapitrice ed assassina di bambini, viene punita rivivendo giorno dopo giorno una caccia all'uomo nella quale è vittima di violenze psicologiche e torture. Perché in fondo se lo merita, Victoria, ad essere condannata fino alla morte a rivivere lo stesso terrificante incubo. E gli spettatori (paganti) del parco di divertimento sono in fondo la voce rabbiosa dell'umanità che non vuole giustizia ma solo la sua versione corrotta che si chiama vendetta. Proprio come il parco giochi è la versione corrotta di un sistema penitenziario che sfocia in un reality show.

The Waldo Moment
Da più parti ho letto che questo episodio è stato messo in analogia con l'ascesa del M5S e Grillo. Il comico che fonda la sua proposta sull'antipolitica e sulla volgarità.
Ecco, sono una serie di cazzate per me.
L'analogia si ferma a dove vuole essere vista, ma il bersaglio, in qualche modo, è molto più grande.
Waldo diventa la trivella-marketing di un sistema in generale più ampio. Waldo è quello che sarebbe Topolino se la Disney decidesse di scendere (più apertamente) in politica. Un'immensa scatola totalmente vuota da riempire con un senso di inadeguatezza e disgusto e speranza nel cambiamento. Che puntualmente non arriverà.

Insomma, da vedere e da metabolizzare, BlackMirror si conferma uno dei migliori prodotti tv degli ultimi anni.

giovedì 28 marzo 2013

Concorso 3narratori

Sul blog di Salomon, e più precisamente a questo bell'indirizzo è stato bandito un concorso letterario al quale ho deciso di partecipare.
Le aspettative sono quelle che sono, ma un riconoscimento non sarebbe male.
Speriamo.
L'iniziativa è lodevole, la farei anche io se il blog fosse più frequentato.
Magari in futuro.
Comunque, il concorso scade il prossimo 10 aprile e bisogna produrre un racconto di 1000-4000 parole di genere fantastico nell'accezione più ampia del termine.
Che dire, incrocio le dita per me e spero che le partecipazioni siano sia quantitativamente che qualitativamente rilevanti.

martedì 19 marzo 2013

Nuovo Layout

Post breve breve...sto cercando di rivedere e correggere il layout del blog dato che quello di prima mi faceva cacare.
Potrebbe essere off line oppure on line a singhiozzi per qualche tempo

lunedì 18 marzo 2013

Tomb Raider

Lara Croft è davvero una figa.
Quella del 2013 intendo, non quel mostro poligonale degli albori che scarrozzava le sue tettone cubiche
da così...
in top e short nelle foreste pluviali ammazzando impunemente sia bestie in via d'estinzione che avversari fossero soldati o esploratori o archeologi concorrenti.
Lara Croft del 2013 è davvero una figa.
Cioè, se non l'avete fatto, giocate all'ultimo Tomb Raider.
Primo perché la trama è hollywoodianamente e unchartedianamente action. La grafica spacca, l'ambientazione spacca e gli npc spaccano. E soprattutto Lara spacca.
È figa perché si fa male e spesso, si spaventa, scappa, uccide, è umana.
E si evolve, lentamente, dall'essere una giovane archeologa
neolaureata con un cognome importante all'avventuriera sopravvissuta, nonché inarrestabile macchina dispensatrice di morte. 
...a così
Tralasciando sottili dettagli quali un'improbabile resistenza al dolore e capacità rigenerative simili a quelle di Wolverine (all'inizio dell'avventura Lara cade su in tondino arrugginito che le perfora un rene da parte a parte e lei, dopo averlo sfilato, compie una rocambolesca fuga nel sottosuolo dell'isola) o il possesso di un equipaggiamento costruito con gli stessi materiali con cui è stato costruito il taxi del film Godzilla (si quel taxi, quello dove Mattew Broderick&co rimangono intrappolati nelle fauci di 'Zilla che fino a due minuti prima faceva a brandelli con quelle stesse fauci degli elicotteri Apache che di fatto sono dei carri armati volanti...però il taxi ha resistito), ecco, quindi, se concediamo un margine
abbastanza ampio alla suspention of dibelief, ecco allora Tomb Raider è un gioco con i controcazzi.
L'indistruttibile taxi di adamantio
Andiamo con ordine. Lara e i suoi amici viaggiano su una nave alla ricerca di un'isola sulla quale dovrebbero esserci le vestigia di un'antica civiltà chiamata Yamatai. L'isola si trova in una zona inesplorata del Mare Giapponese, il Triangolo del Drago. Entrati in quella zona, un'improvvisa burrasca e una tempesta terrificante si abbattono sulla nave spezzandola e rendendo i membri dell'equipaggio dei naufraghi su una misteriosa isola...
Da qui in poi inizia l'avventura di Lara, tra esplorazioni, colpi di scena, inseguimenti, fughe e combattimenti in stile Uncharted.

Cosa mi è piaciuto:
- il gioco è piuttosto lungo (circa 15 ore per un completamento al 90%-100% a difficoltà normale
);
- Lara, che ho sempre profondamente odiato come personaggio perché di fatto era concepita come personaggio "fan service" (voglio dire, una sesta di reggiseno in short per la giungla? seriamente), viene in qualche modo malmenata, pestata e ferita. Soffre, cade ma si rialza, la sua fragilità diventa forza. Si delinea un personaggio femminile vero, non un oggetto sessuale.
- Trama davvero interessante, densa, senza praticamente nessun tempo morto e con un grandissimo bilanciamento di fasi action, esplorazione e crescita del personaggio in termini rpg (non un vero e proprio skill tree ma comunque una componente ormai imprescindibile nella maggior parte dei giochi)
- Omaggia Lost.
- Ambientazioni varie e gore al punto giusto. Un sacco di teste mozzate, teschi e cadaveri appesi che non fanno mai male.

Cosa non mi è piaciuto:
- a volte, anche se si ha a che fare con un videogioco e quindi il realismo deve essere preso con le pinze, ecco, si esagera...Lara inizia l'avventura come una giovane neolaureata in archeologia e finisce per diventare una macchina da guerra con il senso della tattica "one man vs the world" del Colonnello John Matrix e le competenze nell'utilizzo nonché modifica di equipaggiamento bellico seconde solo a Isaac Clarke
- Alcuni png, anche se ben caratterizzati, sono un po stereotipati
- I colpi di scena sono abbastanza prevedibili.

Lo consiglierei?
Assolutamente si.
Perché è una superproduzione con una trama ben dosata e sviluppata. Perché Lara è un'icona dei videogames che finalmente diventa una protagonista femminile. E soprattutto perché, sebbene sia esagerato, pirotecnico ed esplosivo, coinvolge e consuma l'attenzione in un crescendo continuo.

Per una trama dettagliata ma gonfia di spoiler rimando a Wikipedia, che a fare copia e incolla son buoni tutti.

giovedì 14 marzo 2013

L'Orda del Vento - Alain Damasio


L'Orda del Vento (in originale la Horde du Contrevent) è un romanzo corale che narra le gesta di un gruppo elitario di viaggiatori dediti alla conquista geografica e filosofica dell'Estrema Vetta, il luogo dove tradizionalmente si ritiene abbia origine il Vento.

Recensire (?) libri non è il mio forte.
Non perché legga poco, tutt'altro. Leggo dai trenta ai quaranta libri all'anno. Però non sono un critico. Non sono mai stato in grado di analizzare la correttezza di una descrizione, se tale discorso è formalmente adeguato a degli standards, show don't tell, sense of wonder, infodump e cazzi e mazzi.
Cioè, non disprezzo i chirurghi della narrativa, anzi. Ci sono recensori che seguo e per i/le quali nutro profonda ammirazione e rispetto. Semplicemente io non ne sono in grado. Giudico un libro più con lo stomaco che con il cervello. Se scattano i brividelli, parlando di narrativa, vuol dire che il libro in questione è un buon libro. Mentre se il libro in questione è un saggio, cerco di giudicarlo in base all'eleganza e alla correttezza dei ragionamenti.
Poi ci sono i libri a metà. In parte narrativa (fantastica) e in parte saggio.
L'Orda del Vento è esattamente questo. Brividi ed eleganza. E originalità.
Un breve sunto è doveroso.
L'Orda è composta da 23 elementi, ognuno con un preciso ruolo ed ognuno rappresentato da un glifo. Ogni paragrafo inizia con uno di questi glifi e quel paragrafo sarà narrato dal punto di vista del membro dell'Orda.
l'arte del contrare...
In particolare si narrano le gesta della 34ma Orda, impegnata già all'inizio del romanzo da diversi anni in questa ricerca. Ricerca che di fatto prenderà tutto il tempo della loro vita.
Il mondo delineato da Damasio è un luogo fondamentalmente ostile, una terra circondata da ghiacci e dove il vento soffia sempre, sempre, sempre. Lo scopo dell'Orda è quindi partire dalla città di Aberlaas, nell'estremo fondo e raggiungere l'Estrema Vetta. E scoprire il grande enigma del Vento, la forza creatrice dell'Universo e la sua origine.
Quello creato da Damasio è un universo coerente, semplice, lineare, a volte funzionale alle disquisizioni filosofiche (non filosofese, ma filosofia pura, perché si passa dai Sofisti al principio di indeterminazione, alla logica formale fino all'antropologia filosofica Scheleriana) che i personaggi si scambiano. Nessuna citazione ma molti molti rimandi che un addetto ai lavori come il sottoscritto ha potuto cogliere. Non manca l'azione. Non manca il conflitto e soprattutto l'originalità. Ma il punto forte è appunto la profondità dei dialoghi e dei confronti su concetti complessi scambiati dalle bocche di viaggiatori elitari che passano la vita a contrare, cioè a muoversi contro vento, verso uno scopo sepolto in una tradizione vecchia di mille anni.

E il vento è proprio il personaggio principale nel libro, sempre presente, nelle vite delle persone, nelle strutture, nella fauna complessa che popola il mondo. Un vero e proprio personaggio che Damasio ha cercato (riuscendoci) di descrivere inventando un complesso sistema di punteggiature. Il vento nelle sue varie forme. In pratica ha reso il vento visibile.

windwalkers_poster.jpg
il Goth è bello cazzuto
Damasio è un abile caratterista, ogni personaggio dell'orda ha una voce ed una potenza uniche e riconoscibili. Ed è un abilissimo intrecciatore di frasi in grado di portare sulla carta sia la prosa aulica che la poesia che il gretto linguaggio della testa dell'orda, pieno di parolacce e tanta cattiveria. Lovvo.

Il mio plauso più totale, nonché il mio rispetto, però va alla traduttrice del libro, Claudia Lionetti. Si perché la traduzione di questo libro deve essere stata totalmente un casino. Giusto per fare un esempio, una lunga parte del libro è dedicata ad una sfida linguistica basata su ossimori, parole contenenti una sola vocale, termini che si riallacciano al termine precedente e così via. Quindi Claudia, oltre aver reso perfettamente il contenuto, ne ha conservato ritmo e sfumature.
Qui un suo interessante articolo sulle difficoltà incontrate nello sforzo di tradurre il libro.

So che è in fase di post produzione un film in CGI tratto dal libro. Si chiamerà windwalkers e spero che non sia una puttanata.

In conclusione Damasio si rivela davvero un eccelso conoscitore di forme delle parole che, in fondo, sono solo vento, per parafrasare un altro autore fantasy.

venerdì 8 marzo 2013

CITADEL

Tommy è un giovane padre pieno di fobie. Probabilemte scatenate dal fatto di aver visto la propria fidanzata prossima al parto aggredita e ridotta in coma da un gruppo di ragazzini letteralmente di fronte alla porta del proprio appartamento situato in un palazzo immenso e fatiscente.
Quello che rimane a Tommy è quindi una forma atroce di agorafobia, una figlia di 9 mesi ed una fidanzata in coma, oltre a tutta una serie di rimorsi e, come si diceva, paure paralizzanti.
Una sera la casa in cui ora Tommy vive con la figlia, poco più di una baracca sperduta in un fatiscente complesso residenziale in attesa di essere rivalorizzatom, viene presa di mira da degli intrusi. Tommy è convinto che siano gli stessi ragazzini che hanno aggredito la sua fidanzata. E che siano tornati per prendere sua figlia.

Citadel è un film irlandese del 2012 diretto da Ciaran Foy al suo primo lungometraggio. Mi era capitato di vedere qualche suo corto sul tubo tipo questo, che non è niente male. Horror irlandesi non ne ho mai visti e ancor meno conosco quelle che possono essere le problematiche sociali che l'Irlanda può affrontare.
Di sicuro però, se la settima arte è, a volte, lo specchio della società, allora in Irlanda devono avere seri problemi di delinquenza minorile. I "ragazzini" che aggrediscono Joanne (la fidanzata di Tommy) sono animali selvatici, anzi inselvatichiti, da un sistema che li ha infettati e resi qualcosa di più simile a dei mostri che a degli esseri umani. Una distanza ed una solitudine che generano un branco decerebrato e cattivo, che si nutre di emozioni forti ed si autoalleva lontano dalla civiltà, che cresce e prolifera in un enorme condominio spoglio e totemico, anch'esso lontano da ogni altra costruzione, simile ad un gigantesco alveare sbucato dalle viscere della terra.

Lungi da me fare analisi sociologiche sulla devianza e i mali dell'occidente. Non ne sarei capace e soprattutto mi sta cortesemente sulle palle il tentativo di scaricare sulla società il comportamento antisociale di alcuni individui. Eppure non si può fare a meno di pensare a questo aspetto, a questa denuncia.



ho perso l'anello e mi hanno pure mangiato un dito...
Mi ha parecchio colpito una riflessione di una psicologa che nel film aiuta Tommy ad affrontare le sue paure. Domanda a Tommy come mai, secondo lui, le persone che sono state aggredite in passato saranno probabilmente di nuovo vittime di aggressioni in futuro. La risposta è nel linguaggio del corpo. I predatori leggono i segnali della paura e interpretano quei segnali come debolezza e quindi intendono di avere a che fare con una preda facile. Il fatto che Tommy in diverse inquadrature assomigli a Frodo aiuta molto un potenziale predatore, imho.

Citadel è nel complesso un horror inquietante, stretto sulla bravura di pochi interpreti e ampi spazi privi di appigli. Sporco e claustrofobico ma dal finale che ho trovato personalmente coerente ma deludente. Per molti versi, ma si tratta solo di una coincidenza marginale, mi ha ricordato un racconto di Samuel Marolla contenuto ne "La mezzanotte del Secolo", Insonnia. Libro da recuperare btw.