martedì 28 agosto 2012

The Gamers - un must per chi gioca di ruolo





Alcuni anni or sono mi è capitato di vedere sul tubo questo film a budget ridicolo (circa 1000 $) che mi ha divertito ed esaltato molto più di grandi produzioni.
Sto parlando di The Gamers, film tributo realizzato da giocatori di ruolo per giocatori di ruolo e prodotto dalla Dead Gentlemen Productions

Spenderei un paio di parole su cosa è un gioco di ruolo e cosa rappresenta.
È fondamentalmente un gioco da tavolo che richiede la presenza di almeno due persone (conosco qualcuno che riesce a giocare da solo ma personalmente non ci ho mai provato) fino ad un numero indefinito. Normalmente uno dei giocatori interpreta il ruolo del master (o custode o keeper o altre mille definizioni),  e si occupa della creazione dell'avventura, dei personaggi non giocanti e del mondo dove inserire l'avventura e i personaggi. Gli altri giocatori invece dovranno interpretare un personaggio (ma volendo anche più di uno, sebbene il gioco di ruolo in senso stretto preveda un personaggio a giocatore) che dovrà muoversi all'interno del mondo creato dal master, cercando di risolvere l'avventura oppure realizzare i suoi scopi. Si tratta quindi di un gioco a forte componente recitativa che prevede grandi possibilità di azione e regole più o meno complesse a seconda del tipo di gioco che si sta svolgendo (Dungeons and Dragons, Call of Cthulhu, Gurps, Cyberpunk 2020...per citare i più famosi) che di fatto rappresentano sia il background delle avventure che il sistema di regole.

I giochi di ruolo sono stati e sono tutt'ora una delle miei principali fonti di intrattenimento. Giocare di ruolo permette di evadere dalla realtà e creare contenuti a livelli piuttosto elevati da condividere, fondamentalmente, coi propri amici.

Chiusa la chiosa, parliamo di The Gamers.
Film very low budget totalmente gratuito, si sviluppa sulle contraddizioni delle regole e soprattutto dei giocatori di ruolo.
Le scene prendono il via in un dormitorio dove dei ragazzi si riuniscono intorno a un tavolo per giocare  ad una sessione di una partita a quello che dovrebbe essere AD&D. Raccolgono le schede, i dadi e sparando qualche cazzata si apprestano a iniziare la partita. Subito quindi la scena si sposta nel mondo dove il gioco è ambientato, un luogo di chiara ispirazione fantasy dove i loro personaggi devono salvare la principessa di turno dal nemico del regno...The Shadow.

Farsi ingannare dalla semplicità della trama, però, sarebbe un errore.
Il film è sorprendentemente esilarante e solo per chi ha mai giocato di ruolo è davvero irresistibile. Affronta casi e paradossi quali le regole e la mancanza di limiti alla loro applicazione o alle ossessioni dei giocatori di collezionare esperienza/coin a discapito della natura del gioco in se, che dovrebbe essere recitare, fino alla morte dei personaggi e al rientro in gioco.

Qualche esempio:
il ladro che ruba i pantaloni ad un avventore in una locanda grazie ad un tiro fortunato, il mago che viene ucciso "per errore" da un compagno che a causa di un tiro troppo favorevole lo spara letteralmente per aria, il personaggio gestito dal master perché il giocatore è impegnato nella vita vera.

Come accennavo, quindi, i temi affrontati sono molti e tutt'altro che sconosciuti per chiunque abbia mai giocato.
La recitazione è ovviamente a livello amatoriale il che tuttavia non toglie nulla all'ottimo risultato dove trovo doveroso tra le altre cose mettere l'accento sul finale, inaspettato e in un certo senso simbolico.

Qui il link ad IMDB e qui il link alla prima parte del film.

Nel complesso una visione davvero davvero consigliata da sciropparsi insieme al seguito che con il titolo esplicativo di The Gamers 2 - The Dorkness Rising, affronta le stesse tematiche dando un peso maggiore sia al mondo reale sia ai rapporti esistenti nel mondo reale.

venerdì 24 agosto 2012

Android Vs iOS




Da qualche settimana sono possessore felice di un device Android.
Uno smartphone per la precisione.
L'intenzione era quella di comprare uno strumento che facesse un po' di tutto, macchina fotografica/cinepresa, navigatore, telefono, player e ovviamente computer.
Prima di prenderlo, però, mi sono ripromesso di non usarlo per giocare per i seguenti motivi:


- trovo il casual gaming da sfigati
- non ha le potenzialità di una console o di un pc
- rischierei di bruciarmi il cervello cercando di accoppare dei maiali nascosti dietro lastre di ghiaccio
- trovo il casual gaming veramente da sfigati

Ovviamente i buoni propositi sono andati a farsi friggere e mi sono scaricato dei titoli piuttosto interessanti...complice la gratuità.
Ma non voglio parlare di videogames.


Brevissimo cappello introduttivo: la scelta è caduta su android invece che su un prodotto Apple perché Android è altamente personalizzabile. Non sono un fanboy fanatico ed esaltato.
Non ho particolare amore o avversione per Google piuttosto che Apple. Ho comprato uno strumento per fare delle cose, esattamente come comprerei un'automobile: mi serve per spostarmi non per presentarmi.
Mi affascina l'idea di poter personalizzare un prodotto ma non per questo consiglierei a chiunque uno strumento che monti Android. Dipende da quello che devi farci.

Eppure la considerazione a cui sono giunto dopo poco tempo è che la gente ha una spasmodica tendenza all'integralismo.

Per capire bene Android mi sono registrato su Androidiani.com, che credo sia un punto di riferimento nell'ambito. E li mi sono stupito nel vedere la partecipazione viscerale degli utenti Android per difendere il loro amato robottino dagli attacchi degli Apple user.
Flame wars, trollaggio, ragazzini esaltati che parlano come se fossero azionisti di una società piuttosto che un'altra.
Davvero spaventoso.

Non è un attacco ad Androidiani il mio, tutt'altro. Trovo il portale utile e i moderatori gentili e preparati.

E tutto sommato il clima è molto tranquillo. Per correttezza questo è il link di Androidiani.

Quello che mi ha stupito però è la partecipazione esasperata a concetti piuttosto che a prodotti e il risultato sembra essere quello di vedere una guera tra sette religiose. Al posto del crocefisso o della mezzaluna una mela o un robottino e la stessa cieca fiducia e violenta argomentazione che potrebbe esistere in uno scontro culturale tra persone poco colte.

Eppure la preparazione è alta.
La maggior parte delle persone che intraprendono la strada dell'integralismo tecnologico è composta da ragazzi/e di un certo livello culturale anche se monotematico. Un po come i fanatici di calcio (non di sport).
Vagando per la rete mi sono imbattuto in numerosi esempi di integralismo tecnologico. Su youtube le recensioni tra i prodotti Apple comparati a quelli Samsung o Nokia generano diatribe e coltellate virtuali.

Forse in generale è una tendenza umana. magari ci sono persone che amano alla follia Call of Duty e litigherebbero coi fan di Battlefield.
Personalmente ho giocato entrambe le serie, ottime entrambe.

Forse sono fuori dal mondo, forse l'interesse è generato dal conflitto. O forse è divertente litigare.
Fatto sresta che davvero non riesco a capire questa tendenza all'idolatria.

sabato 18 agosto 2012

Anonymous - Operation Jubilee

Non so esattamente di cosa si tratti ma a questo indirizzo appare un count down:

http://users1.jabry.com/OperationJubilee/

Si tratta, a leggere dal sito di Anonymous, di un progetto volto a cancellare povertà, debito mondiale e fermare tutte le guerre.

Non so se una cosa possibile sia fattibile. Credo fermamente nella crudeltà della razza umana quale componente genetica. Senza crudeltà non saremmo umani ma una razza migliore, superiore.
Però perché non sperare, dato che anche la speranza è parte intrinseca della nostra linea genetica?

Questo il link dove poter visionare il video
http://anonpr.net/jubilee-956/

Il progetto è aggiornato via facebook e twitter
http://facebook.com/opjubilee
#OpJubilee

Ripeto, non so se seva a qualcosa ma tanto vale tentare.


domenica 12 agosto 2012

INDIE GAME: THE MOVIE

intervistatore : "cosa faresti se non riuscissi a finire il gioco?"
Phil Fish: "mi ucciderei, è questa la mia motivazione"

  Mi sono imbattuto in questo documentario quasi per caso.
  Cazzeggiavo leggendo una rivista di videogames e mi balza
  all’occhio un riferimento a questo film.
  Nell’articolo si parlava del documentario che spiega la genesi di 
  SuperMeatBoy.
  Più che sufficiente, vado a cercarmi il film.
  In effetti si parla di si di SuperMeatBoy ma il film tenta di
  esplorare (a mio avviso centrando in pieno l’obiettivo) il difficile 
  mondo degli sviluppatori di videogames Indie.
  In particolare il focus è centrato su tre titoli: Braid di John Blow, il 
  già citato SuperMeatBoy di Edmund McMillen e Fez di Phil Fish 
  che all’epoca del documentario non era stato ancora rilasciato.
  Si vedono quelle che sono le difficoltà, le privazioni, la fatica di 
  essere un piccolo team di una, due, tre persone e di quello chè è il 
  beta testing, accedere ai fondi economici (kickstarter), le pressioni lavorative, gli sforzi ma anche le opportunità del digital delivery. E soprattutto si esplora il lato personale dei ragazzi che stanno dietro a questi giochi. Come vivono la loro vita in termini di relazioni, di amicizia, di lavoro e nei confronti di quella che è l’ultima forma d’arte in termini cronologici.
I giochi dei quali si segue la genesi e lo sviluppo non hanno bisogno di grandi presentazioni ma una doverosa introduzione è necessaria:  

Braid è senza dubbio un capolavoro. Ha rinventato il platform, ha unito Supermario a Monet tirando fuori una storia eterea che scava nell’esistenzialismo lasciando volutamente il giocatore con una manciata di risposte da interpretare e grandi interrogativi sulla vita. Un gioco che è una vera e propria perla.
 

SupermeatBoy, ecco, è il platform più adrenalinico a cui abbia mai giocato. Si indossano i panni di un ragazzo privo di pelle che cerca di salvare la propria compagna (Bandage Girl) dal terribile Dr. Fetus. Il gioco cita Sonic the Hedgehog, Street Fighter e Doom, oltre a molti altri titoli.
Fez invece è un platform in pura pixel art. Di sicuro il gioco più originale dei tre, narra delle gesta di un personaggioche vive in un mondo 2D che scopre l’esistenza del 3D. Gli enigmi verranno risolti esclusivamente tramite la giusta prospettiva.
 Il film esplora la vita di questi sviluppatori che di fatto sono dei veri e propri artisti. Edmund McMullen e Tommy Refenes (Team Meat) sono dei nerd da film americano. Gente che deve aver preso grandi calci nel culo dalla vita, prima che la diffusione endemica di internet e delle tecnologie consegnasse il mondo nelle mani di chi a scuola è sempre stato umiliato. Gente estremamente intelligente, creativa, geniale e per questo per forza di cose emarginata.

John Blow è un personaggio enigmatico ed etereo. E Braid è la trasposizione della sua personalità, a quanto il film lascia vedere. Il gioco è da giocare, rigiocare e giocare ancora. Pieno, denso, difficile. Una fiaba digitale dai risvolti ermetici. La creazione di un videogioco è un dialgo unico tra sviluppatore e giocatore.
Phil Fish

In fine Phil Fish, personaggio estremo. Ossessionato dal dettaglio, conscio del proprio genio e delle potenzialità di un prodotto che non riesce a finire. Una vera e propria rock star dell'universo underground dell' Indie Gaming, prima osannato e poi odiato. Preso tra problemi legali, di sviluppo e di prospettiva sia del gioco in se che dal gioco stesso. All'epoca il gioco non era ancora stato rilasciato (lo sarà nei primi mesi del 2012).
I giochi prodotti, le opere direi, sono a mio avviso quello che avrebbe potuto creare Orson Welles o Bunuel o anche Picasso se fossero stati in grado di usare un linguaggio di programmazione. Certo, parliamo di giochi, cioè intrattenimento. La vita stessa però è un gioco, nel senso che ci sono regole, una durata e dei partecipanti. Guardare una mostra di pittura, un'installazione, un'opera teatrale, anche questo è intrattenimento. In un videogioco si può trovare tutto quello che esiste nelle altre forme d'espressione, ma non è vero il contrario.
Sono ormai certo che nel 2012 poche persone considerino i videogames una roba da bambini. O almeno lo spero. Se qualcuno ancora pensasse ai videogames come un prodotto di basso livello, ecco, gli consiglio vivamente di guardarsi questo film.

 Per dovere di cronaca il film è del 2012 ad opera di James Swirsky e Lisanne Pajo, registi canadesi.

mercoledì 1 agosto 2012

Cesare deve morire





 

A volte capita di vedere dei film che riescono a stravolgere il punto di vista su cose che vanno oltre l'intrattenimento.
A me è capitato con questo "Cesare deve morire".

 Si tratta della rivisitazione di una delle tragedie più famose di Shakespeare, il Giulio Cesare appunto.
Il film parla appunto della realizzazione dell'opera, della messa in scena, da parte di un gruppo di detenuti inseriti in un programma creativo/didattico. Detenuti del carcere di Rebibbia, gente che ha fatto cose pesantissime. Il fatto è che questo film è quasi un documentario, dato che gli attori sono veri e propri detenuti e non attori professionisti.
Ho cominciato a guardare il film sapendone poco e nulla. Ero attratto dal fatto che fosse tratto da un'opera di Shakespeare, tra l'altro una delle mie preferite. Sapevo che era tratto dal Giulio Cesare e che era ambientato in un carcere e inizialmente pensavo ad una sorta di parallelismo tra Cesare che si fa tiranno e viene ucciso con una storia di un detenuto che acquisisce sempre più potere in carcere e viene ucciso dai suoi fidati collaboratori. Una roba un po’ più grezzamericana insomma.
Invece no, si tratta della vera e propria realizzazione dello spettacolo, prove e tentativi continui e costanti con degli attori che sono davvero bravissimi (su tutti, a mio avviso, Salvatore Striano) guidati dal regista teatrale Fabio Cavalli che non conoscevo.
Il film inizia dalla fine. La fine di Bruto che viene aiutato a morire e il saluto di tutti gli attori ad una platea entusiasta. Poi gli attori che vengono piano piano riaccompagnati in cella e qui si capisce che si tratta di carcerati.
La prima considerazione: avrei preferito non sapere nulla. La prima scena è molto forte, intensa. Si passa dall'estasi della folla che sfama con gli applausi gli attori alla solitudine della cella, dove quello che resta è il ricordo e la propria mente.
Avrei preferito approcciarmi al film in silenzio, conoscere solo il titolo e nient'altro. In realtà questo dovrebbe valere per tutti i film. Purtroppo però ci si divide in generi, sottogeneri, trame, partecipazioni, idee e soggetti. Ci si avvicina alla visione di un film solo dopo aver letto la trama, quante stelle ha su IMDB o se è fresh oppure rotten. Ecco, bisognerebbe andare a vedere alla cieca.
Una seconda considerazione: il carcere.
Non so cosa possa voler dire essere tenuti prigionieri contro la propria volontà. Non nutro un grande rispetto per il sistema carcerario del nostro paese. Non sono mai stato in prigione.
L'idea di base è che il carcere serva a riabilitare chi ha sbagliato.
Anche su questo avevo dei dubbi. Avevo.
C'è gente che in galera ci finisce perché combina cazzate gigantesche.
Spaccio, traffico di armi, prostituzione, truffa, rapina, omicidio. Reati contro le persone. Contro il patrimonio.
Lo fanno per mille motivi. Alcuni sono motivi di origine culturale, altri forse sono motivi di ordine naturale. Ci sono nati.
La tendenza è che sia la cultura a portare alla deriva. Cultura nel senso di ambiente e valori e sistema culturale in cui uno cresce. Pensare ad un criminale genetico è piuttosto fuori moda. E un po' è anche da stronzi.
Dicevo che questo "Cesare deve morire" mi ha scosso per un motivo semplice: in carcere ci sono delle persone. Non degli elementi, dei casi, dei soggetti. Gente che magari è nata nel posto sbagliato. Gente che è cresciuta vedendosi sottratto ogni diritto con la forza. E che è cresciuta pensando che fosse quello il modo corretto di comportarsi in società.

 Gente che magari ha del talento, forse anche del genio, ma che è priva delle possibilità di partenza. Alla faccia del libero arbitrio. So che non si tratta di considerazioni particolarmente profonde. Per molte persone è ovvio. Però per me non lo è. Sapevo anche prima che in galera c'è della gente. Probabilmente della gente che se è li se lo merita. Però capire la differenza sostanziale tra essere della gente ed essere una persona, ecco, mi è servito.

Il film è bellissimo. Non mette al fuoco pipponi moral/riabilitativi come ho fatto io in questo post e la potenza dei dialoghi di Shakespeare esplode fino allo stomaco di chi ascolta, rendendo davvero superfluo il colore.
Il film ha vinto l'Orso d'Oro del festival di Berlino ed è circolato nelle sale italiane tipo per 10 giorni in tre o quattro cinema. Anche su questo ci sarebbe da riflettere sull'intenzione riabilitativa delle carceri. un film che può fare qualcosa viene praticamente censurato per esigenze commerciali.
Chiudo con un grazie di tutto cuore ai fratelli Taviani, i registi che a più di 80 anni hanno tirato fuori un qualcosa di stupendo.